L’INFINITO
Pensare all’infinito
Fa venire in mente
Un’area così vasta
Da non vederne né l’inizio
Né la fine.
L’infinito fa pensare
Alla galassia,
Splendente e misteriosa nel suo brillare,
Impressionante per la sua grandezza,
Meravigliosa per i pianeti
E le stelle componenti,
E per questo è ancora più bella,
Luccicante,
Immensa.
Ma è anche spaventosa
Essendo piena di misteri,
Di ciò che l’uomo non ha ancora visto
E che forse non vedrà mai.
Noi uomini abbiamo timore
Di ciò che è nuovo,
O meglio,
Di ciò che non sappiamo,
Avendo paura di non adattarci
Alle novità.
Ma forse l’uomo è spaventato
Dall’idea di non riuscire
A dare una risposta immediata
E razionaleA ciò che vede;
Nel passato ha cercato
Di trovare soluzioni con il mito,
Poi con la filosofia
E la scienza.
Però l’uomo non ha
Dato una definizione precisa
Di infinito.
Forse perché l’ “infinito”
È una sezione
Troppo complessa
E piena di insiemi,
Componente della parte
Più astratta e profonda
Di noi stessi.
Irena Vanic 1^SUD
ANARCHIA
Cosa ricordo di quella stazione,
fumo nero e cupo fuoriesce da ogni dove,
come fonte che straborda in piena,
vapori di fuliggine si innalzano nelle strade
mai incrociate.
Rimbombi di passi animaleschi,
schietti,
affamati cercano carne
tra i richiami stridenti di pericolo
chiusi tra quelle mura,
attendono sul precipizio che il vento
indichi loro retta via,
immersi nelle grida.
Alice Pascale 2^ESC
LE MIE LENTI
Le vedi queste lenti?
Il riflesso
dei miei occhi spenti?
spesso con esso
mi arresto.
Vorrei vendere
questi occhi neri,
spendere
tutti i miei desideri.
Vorrei sentire
il solco di battiti atomici
irrisolvibile
da bevibili alcolici
Le vedi?
Le mie lenti bagnate,
queste lacrime d’avorio
pure, e rigate
zanne sprecate
di liberta’ private.
Le vedi queste lenti?
Noiosi processi
Esperienze e esperimenti
di sguardi insistenti,
persone incoerenti
mondi inesistenti.
Le vedi?
Sono comete.
In questa vita di catene
ad una mano che s’avvicinava
una mano si allontanava
e capii d’esser solo.
In questa vita di catene
qualcuno mi chiede il suo perdono
la brina scongelava
e vedevo la mattina.
La luce del pregare
nel cessare del dolore
di queste mie lenti,
il livore
di riflessi di strumenti.
Maya Pilotti